SAMSARA
Cerchiamo tuti ció che ci elevi al di sopra della pura presenza di esistenza:un ponte sopra la ripetizione dei gesti verso l’immortalitá dell’anima.
Persiane e scuri chiusi in bocchetta,e dentro il mio essere che vi dimora,umida presenza dentro la vastitá del mare.
Ieri ho piantato la fragile piantina di basilico che al mercato era stata comprata come mazzo sfuzo di odori,le sue fragili radici ora contano il fluire del tempo tra due spanne di terra.
Se un qualche istinto vitale vi é rimasto allora anch’essa bramerá sopravvivenza verso un anelito di immortalitá e se dunque io vivo ed esisto lo faccio altresí con lo stesso principio.Nulla mi separa da ció che gli dona vita forza e pure Speranza.
Perché tutto vive.
Cosi’ho scritto per lavarmi dallo spessore di bruma e piú che un gesto di volontá ci ho visto soprattutto un bisogno di rapresentazione e cosí una volta a letto ho sognato.
Dentro di me ho il mio demone ed un angelo:entrambi li conosco abbastanza ed anche loro mi conoscono abbastanza,cosí che incrociando i nostri sguardi ognuno possa intravedere ció che dentro il dentro di me stesso venga riflesso.
Non esiste tuttavia una corrispondenza precisa,cosí che io mi trovi piuttosto nella metá tra loro .
Questo io sono,una illusoria ed allusoria corrispondenza infinita di infiniti stati e percezioni,piccola goccia di un mare infinito,disteso,profondo,vasto,interminabile.
Il basilico ha attecchito,il mio gesto é stato solo un dono verso la sua volontá.
E se tutto vive,sentendo e capendo ,non e’il pensare che mi distingue e rappresenta ma solo l’astrazione.
SAMSARA é”l’oceano dell’esistenza”, la vita terrena, il mondo materiale, che è permeato di dolore e di sofferenza, ed è, soprattutto, insustanziale: infatti, il mondo quale noi lo vediamo, e nel quale viviamo, altro non è che miraggio, illusione māyā. Immerso in questa illusione, l’uomo è afflitto da una sorta di ignoranza metafisica (avidyā), ossia da una visione inadeguata della vita terrena e di quella ultraterrena: tale ignoranza conduce l’uomo ad agire trattenendolo così nel saṃsāra.